Nota editoriale
Il lettore che si aspetti di trovare in queste pagine una “storia” delle Brigate Rosse, con eventuali rivelazioni sensazionali o notizie inedite, rimarrà molto probabilmente deluso.
La storia ufficiale, in genere, è frutto di una ricerca condotta a partire da un punto di vista apparentemente oggettivo, che tuttavia non sfugge all'inevitabile influenza del pregiudizio ideologico; il bagaglio culturale da cui lo storico non può umanamente prescindere sottende la ricostruzione degli eventi, e confina l'oggettività a cui si aspira nel dominio delle velleità e delle illusioni. Il prezzo che lo storico paga a questo circolo vizioso è la propria estraneità ai fatti di cui si occupa, estraneità che si pretende essere necessario presupposto di un approccio obiettivo.
La testimonianza che proponiamo al lettore in queste pagine scaturisce da un atteggiamento completamente diverso, che non ha nulla a che vedere con la metodologia storica e storiografica. Vincenzo Guagliardo, l'autore, é stato protagonista, in prima persona, delle vicende a cui si fa riferimento, e quindi, secondo il noto adagio popolare (“chi sa fa, chi non sa insegna”), dovrebbe limitare il proprio contributo al terreno dell'azione e della pragmatica, poiché chi partecipa direttamente alle vicende umane non può avere il distacco necessario a raccontarle.
La storia giudiziaria e detentiva di Guagliardo gli consente tuttavia di aggirare l'ostacolo: con la legge Gozzini e con la legislazione degli anni ottanta e novanta in materia di riabilitazione sociale dei detenuti egli potrebbe dare una soluzione personale alla propria vicenda giuridica, che, in termini prosaici, abbrevierebbe di qualche lustro la sua permanenza in carcere.
La strada che egli sceglie, invece, è quella della soluzione collettiva, di modo che la propria storia personale diventa patrimonio collettivo di una generazione, o almeno di parte di essa. Ciò consente al suo approccio soggettivo di raggiungere profondità che nessun preteso distacco può lontanamente immaginare.


indice del volume
Nota editoriale
Introduzione di Giuseppe Mosconi
Premessa
  • Un'eresia che si rivela ortodossa
  • Le difficoltà di superare la violenza
  • Necessità di riconoscere l'incompiutezza umana
  • Gli inevitabili equivoci della lotta armata
  • La «crisi» e l'inevitabile sbocco del rito del capro espiatorio
  • Come si rinnova il principio vittimario
  • Identità e pena (alcune ragioni della sconfitta comunista)
  • Le resistenze al principio vittimario
  • Vecchie resistenze, nuove speranze
  • Nota personale
Appendice
Sfidare zone rosse o sottrarsi alle zone grigie?
La pace delle beffe


l'autore
Vincenzo Guagliardo nato nel 1948, attualmente vive detenuto a causa della sua passata appartenenza all'organizzazione Brigate Rosse.
Da tempo si occupa della tematica dell'abolizionismo; tra i suoi contributi segnaliamo
Dei dolori e delle pene, Edizioni Sensibili alle foglie, 1999
Resisitenza e suicidio, Colibrì edizioni, 2002