Raffaele Poidomani Moncada (Modica, 1912-1979), scrittore, giornalista, polemista, archivista, paleografo, è conosciuto soprattutto come autore delle due raccolte di racconti Carrube e cavalieri e Tempo di scirocco, pubblicate rispettivamente nel 1954 e nel 1971, e del romanzo Fossili (in merito ai quali è stato scritto che vi regna «un'atmosfera gattopardesca avant-lettre»), quest'ultimo ripubblicato postumo in volume nel 1984, ma comparso nel 1949, “a puntate”, sul quotidiano milanese «L'Umanità». La sua attività letteraria e pubblicistica, che ebbe inizi precocissimi, fu però molto più ampia e intensa, e per lo più destinata alla pubblicazione su fogli periodici o in forma anonima.
Dal momento della sua scomparsa, numerose voci di critici letterari, studiosi di storia locale, estimatori e amici hanno auspicato e sollecitato la pubblicazione di una raccolta completa dei suoi scritti che rendesse onore alla sua statura di scrittore «di razza» e poliedrico e li rendesse nuovamente disponibili; la realizzazione di tale raccolta andava incontro però a difficoltà dovute non solo alla sua considerevole entità, ma soprattutto alla dispersione, seguita alla morte, dell'archivio personale dello scrittore.
La presente edizione – risultato di un lavoro di ricerca e cura protrattosi per più di un decennio e che ha attinto alle emeroteche di diverse biblioteche pubbliche e a vari archivi privati – ne offre ora l'opera ordinata in quattro volumi:
I. Romanzi e racconti
II. Poesie
III. Eventi, luoghi, figure
IV. Satire.
Questo volume comprende, oltre alle raccolte di poesie pubblicate da Poidomani sul finire degli anni Trenta (Imperiale Carmen; Rule, Britannia e Io, pellegrino di sogni) e alle inedite Ballate a mo' del Trecento, numerose composizioni in versi apparse sulla stampa periodica o inedite.

Dall'Introduzione di Antonio Sichera

«Raffaele Poidomani è [...] in poesia un convinto antinovecentista che rifiuta le esperienze poetiche e artistiche a lui coeve, e che dichiara di voler deliberatamente ignorare le avanguardie estetiche europee nonché le voci più innovative della lirica italiana del Novecento [...], non certo per ignoranza (la sua dimensione culturale è precocemente nazionale: a venti anni è già a Bologna), ma per scelta determinata e, per certi aspetti, quasi sdegnosa.
Sulla legittimità dell'antinovecentismo non ha senso discutere, dato che si tratta di una linea di poetica certo minoritaria, ma tratteggiata in maniera convincente e definitiva dal Pasolini critico, che ne rilevò la fecondità nel nostro contesto letterario. Il punto è casomai quello di saggiare la validità interna della scelta, la sua capacità di condurre a esiti tipici da un punto di vista linguistico e semantico. In questo quadro, bisogna anzitutto notare come nel caso di Poidomani ci troviamo di fronte a un'opposizione al Novecento molto rigida, ai limiti di un'ossessiva impermeabilità e di una marcata reattività, dal punto di vista dei referenti come da quello metrico, retorico, lessicale e morfologico-sintattico.
[...] Raffaele Poidomani ha dedicato prevalentemente la propria giovinezza letteraria alla poesia, seguendo un preciso orientamento di rifiuto delle sperimentazioni contemporanee e di ritorno a forme codificate di scrittura poetica, delle quali dimostra di conoscere le norme e l'architettura interna.
[...] la poesia è servita a Raffaele Poidomani come una forma di esercizio linguistico, in cui far emergere i nodi di un'esperienza interiore, ovvero il nucleo semantico della sua scrittura, che già nelle liriche si offre dunque al lettore sotto le specie di una prefigurazione accessibile ai mezzi della critica. Se ne possono fissare così alcune linee essenziali (e praticamente immutabili nel tempo), in una sorta di percorso ideale nell'universo poetico dello scrittore modicano.»


indice del volume
Introduzione

Nota redazionale

Cronologia della vita e dell'opera di Raffaele Poidomani Moncada

POESIE EDITE
  • Imperiale carmen
  • Rule, Britannia
  • Io, pellegrino di sogni
POESIE SPARSE
  • Testamento
  • Ville antiche
  • Quando?
  • La sera
  • Quando, Madonna...
  • Quando le tue mani un giorno
  • Auguri
  • Riparazione
  • Notte di Galizia 1943
  • 21 settembre
  • Elegia di Monte Cucco
POESIE INEDITE E D'OCCASIONE
  • [Erravo solo lungo la scogliera]
  • Dolce salpare
  • S'io fossi Re
  • Ninuzzo Cota
  • Leggendo Shakespeare
  • Scherzo
  • [Ascoltami un poco, o mia Bianca]
  • Su la spiaggia di Santa Monica
  • À Maistre François de Montcorbier, dit Villon
  • [Ancora]
  • La Madonnina addolorata
  • Ballatetta della lontananza
  • Laude
  • Se a vue parlar d'amore no despiace
BALLATE A MO' DEL TRECENTO
  • [Ma come, ma come si chiama?]
  • La sera che mancò Teresa
  • [Salve al Peppin che parte]
  • [Con il tavolo pokerista]
  • [Presso la culla, in dolce atto di amore]
  • Data
  • Ai cari Mimissi e Paolo Rizzone
  • [Bella la fiaba, ma lungo l'inverno]
  • Scomparsa del commerciante Salvatore Petringa
  • [Scinnia 'nta panza comu n'cuocciu i luci]
  • [Veni lu 'mmiernu e 'u friddu strata strata]
  • [La mamma sapi, e ccu lu so pinsiri]
  • [Susi n'matinu, eccu ca l'arva spacca]
  • [Tintu cu cari ppi cciamari aiutu]


l'autore
Raffaele Poidomani Moncada nasce a Modica il 12 settembre 1912, da Aristide Poidomani Giardina e Teresa Giorgia Moncada Polara.
La famiglia paterna annovera personaggi che si erano distinti nell'amministrazione della Contea. Nel 1734, nell'ambito della guerra tra Spagna e Austria, durante la lotta per la successione al trono di Polonia, e la riconquista da parte di Carlo III del Regno di Sicilia, don Sisto Poidomani, aromatarius, venne nominato comandante delle milizie urbane delle città di Modica, Scicli, Ragusa e Chiaramonte. Il conte di Montemar, Vicerè di Sicilia, dal campo di Malaspina, con lettera datata 1º settembre, ordina che don Sisto, "[...] siendo combeniende al servicio del Rey [...] se ponga a la cavesa de las milicias assi de cavalleria como de infanteria de la Sargentia de Scigle y Cartagirone para con ellas bluquear y tener cervadas la guarnazione de la plaza de Siracusa hasta al arribo de las tropas de S.M. [...]". Per il suo contributo alla sconfitta degli austriaci e per il valore dimostrato, don Sisto viene investito del titolo di barone del Carro, dal nome di una sua proprietà. Il figlio Vincenzo è Capitano di Campagna della Contea di Modica (5 aprile 1734).
Il nipote don Clemente, autore di una Praxis Judiciaria, ricoprì le cariche di "Giudice Assessore delli giurati di Modica" (lettera patente della contessa Maria Teresa Henriquez de Cabrera del 13 agosto 1744), Giudice dell'Appellazione della Contea di Modica (maggio 1747), Avvocato Fiscale della Gran Corte di Modica (11 marzo 1751), Giudice della Gran Corte di Modica (4 febbraio 1753), Sovrintendente Aggiunto dell'Appalto del Tabacco, Sovrintendente delle Regie Trazzere.
I nipoti di don Clemente, Placido e Diego, sposarono le sorelle Vincenza e Cecilia Moncada Castagna, nipoti del giureconsulto don Giovanni Castagna Giannone e del barone Nicastro del Lago. Il figlio di Placido, Francesco, fratello primogenito del nonno paterno, Raffaele, fu componente del Comitato rivoluzionario nel 1860. Il figlio di Diego, Clemente, assertore dell'epopea di Garibaldi, col quale ebbe contatti e che segretamente ospitò nella sua casa, fu comandante della Guardia nazionale e più volte sindaco di Modica.
Il padre, laureato in lingue e poi in giurisprudenza, fu soprattutto insegnante di lingue (inglese e tedesco). "Aveva una conoscenza profonda di varie lingue europee: dall'inglese al tedesco, dal francese allo spagnolo, al norvegese, all'olandese e al danese, anche nella loro struttura grammaticale e sintattica [...]". Lavorò in molte città: Ancona, Trapani, Messina, Modica ma soprattutto Catania dove insegnò anche nella locale università. In età matura esercitò anche la professione forense. Fu autore di un Manuale di sintassi semplice italiana e tedesca in correlazione (Fratelli Tranchina Editori, Modica, 1913), di un Manuale di sintassi composta italiana e tedesca in correlazione (Stabilimento Tipografico L'Eco di Messina, Messina, 1914, ripubblicato poi in edizione ampliata da Lattes & C. Editori, Torino, 1934), e di alcune traduzioni: William Sheakespeare, Machbet, Tipografia D'Angelo, Messina, 1921 ; Friedrich von Schiller, Der Spaziergang [La passeggiata], traduzione in versi e commento, Stab. Tipografico L'Eco di Messina, 1914). Scrisse pure una Storia della civiltà anglo-sassone che, a causa della grave crisi economica degli anni Trenta non vide mai la luce. Nel 1945 l'editore Lattes gli manifestò la propria disponibilità alla pubblicazione di una grammatica spagnola, ma la morte lo colse nell'aprile dell'anno successivo.
Raffaele Poidomani trascorre la giovinezza a Modica nella casa paterna di via Santa Teresa 28, insieme ai nonni materni, Cesare Luigi Moncada e Paolina Polara, prima del definitivo trasferimento del padre a Catania, dove comunque tornerà almeno fino al 1946, quando la casa viene posta in vendita. Ma il centro di interesse rimarrà sempre la vecchia casa del Piano di San Nicola, dove la famiglia paterna abitava da generazioni.
A Messina, dove il padre insegna, frequenta le ultime due classi delle scuole elementari nel Collegio dei Gesuiti e la prima classe ginnasiale sotto la guida di Mons. Juvara. "Chissà per quali ragioni di spazio (mi sembra che la classe maschile fosse iperaffollata) il mio banco venne trasferito nell'aula delle bambine; pulcino sperduto nel pollaio femminile oggi non ricordo che due inermi gallinelle, Maria Fiore e Ela Ariot". La Messina del dopo terremoto lascerà in lui un ricordo indelebile: "Era una città ancora con le piaghe sanguinanti,le ferite aperte, una città dove gli abitanti lottavano per la loro rinascita sociale e morale e tutta una vita economica da rifare, la teppaglia che si confondeva ai gentiluomini, i furti e le rapine ad ogni ora del giorno e della notte, gli sciacalli convenuti da ogni parte per predare quanto ancora si potesse. [...] La Messina del Canonico Annibale Maria di Francia, che ho davanti come nella trasparenza di un ostensorio, del quale mia madre fu collaboratrice fedele nella carità verso il prossimo, quella che oggi viene negata o offerta con l'altezzosa sufficienza di un'elemosina.
Nel 1921, la famiglia si trasferisce a Modica.
Il 21 agosto 1923 nasce la sorella Anna. Tra il 1927 e il 1928, scrive una raccolta di 43 novelle umoristiche. La ricchissima biblioteca paterna nella quale erano confluiti gran parte dei libri del fratello del nonno, Francesco, con le bellissime rilegature di Napoleone Cannata, costituì il mondo di suggestioni letterarie e passioni culturali nel quale ebbe luogo la sua formazione, che avrebbe segnato il suo futuro e che sicuramente gli rese difficile fare scelte professionali che sacrificassero la vocazione prevalentemente letteraria. Scrive in una pagina di diario: "Addì 20 marzo 1928. Oggi io ho celebrato un centenario. Un bel centenario. Quello della nascita di Enrico Ibsen. Ho letto le sue poesie; mi sono piaciute moltissimo [...]. Ho celebrato Henrik Ibsen. Anzi il di lui centenario. Il centenario del dì in cui nacque. E allo scopo di onorarlo ho acceso una piccola candela. Una candela in suo onore. La quale si è consumata tutta, tutta completamente. E di lei non è rimasto che un misero pezzetto di filo; tanto per ricordarsi della candela consumata in onore di Henrik Ibsen".
Nel 1929 a causa di difficoltà intervenute nell'ambito del Liceo-Ginnasio Tommaso Campailla di Modica, diretto dal preside Giorgio Muccio, sostiene gli esami di ammissione al Liceo di Gela, ove risiede presso la famiglia dell'ing. Gennaro Guerrera.
Al Liceo di Modica, (1929-30), inizia il suo interesse per le ricerche d'archivio, e per la raccolta di documenti antichi, libri, oggetti, quadri, memorie familiari, che lo porterà col tempo ad acquisire una notevole competenza negli studi di paleografia.
È del 1930 il definitivo trasferimento a Catania, in via S. Giuseppe al Duomo, dove il padre insegnerà fino al 1946 e dove Raffaele abiterà fino alla morte della madre e successivamente con Federica fino al 1960.
Scrive il poemetto satirico Nell'Olimpo liceale. In una lettera del 3 dicembre 1956 al cugino Umberto scrive: "ho riletto dopo innumeri anni certo più di venti, il poemetto di Cvasir, e non certo la sua arte mi ha interessato quanto i ricordi suscitati. Accipicchia, ma mancano tutti! Escluso Ganimede che, altro che lievemente, trascina il passo verso la Società Operaia, e Turiddu Floridia e Toscano, e La Ferla, salute che spolvero! Perfino epigoni del testo, non nominati, non ci sono. Rivedo tuo padre che diffondeva cinquanta lire in carte da cinque, erogandole a Nenè Sarta, ritrovo la mattina del ritiro dell'opera, e poi, e poi [...]".
Si iscrive alla Facoltà di Medicina dell'Università di Catania nel 1932. Cambia facoltà, avendo incontrato forti difficoltà durante le lezioni di Anatomia, iscrivendosi a Legge.
Malgrado la forte opposizione dei genitori nel 1933 passa all'Università di Bologna, dove risiederà, a periodi alterni, fino al '36. In questo periodo comincia a dedicarsi alla scrittura di racconti e poesie. Si sposta tra Bologna, Milano e Napoli, dove risiede il fratello del padre, Placido.
Nel settembre 1936 muore la nonna paterna Anna Giardina. Fa domanda di ottenere la revisione della riforma, per essere "inviato volontario con le truppe operanti in Africa Orientale".
Nel 1937 si trasferisce a Napoli per sostenervi alcuni esami universitari, ma senza risultati.
Pubblica a Napoli Imperiale Carmen. Dal dicembre 1938 al dicembre 1939 vive prevalentemente tra Milano e Napoli, ma con frequenti ritorni a Catania e Modica. Pubblica Rule Britannia. Inno a Sir Neville (Istituto Editoriale Moderno, Catania, 1939), e poco dopo, la raccolta di poesie Carmina Parva, che fu ritirato per volere dell'autore e ripubblicato, con l'aggiunta di altre nove poesie, sotto il titolo Io, pellegrino di sogni, presso lo stesso editore.
DAl 1940 vive spostandosi tra Catania, Napoli, Padova, Milano e cercando lavoro come giornalista. Scrive Ballate a mo'del Trecento, in polemica con le tendenze della poesia moderna.
Nel febbraio 1941 è arruolato nel 58º Reggimento di fanteria di Padova. Qui conosce Virgilio Failla, modicano, futuro deputato del pci. Il 1º giugno ottiene una licenza di tre mesi di convalescenza per pleurite secca basilare diffusa. In questo periodo si preparerà per gli ultimi esami per poi passare all'esame di laurea.
Come soldato semplice viene inviato in Grecia e poi in Iugoslavia.
Nel corso del 1942 ottiene la Laurea in Giurisprudenza. Scrive una tesi ineccepibile sul piano giuridico ma in versi; il Relatore lo congeda con: "Lei tutto farà nella vita, tranne l'avvocato!"
Nell'aprile 1944, dopo i massicci bombardamenti alleati su Catania, la famiglia si rifugia nella vicina Scordia. Dopo l'armistizio di Cassibile, si ritrova a Roma con Failla. Con questi viene catturato dai tedeschi durante un rastrellamento, e avviato su camion in Germania. I due riescono a fuggire saltando dal camion in una scarpata innevata, e subito dopo si separano. Raffaele trova rifugio a Camerino, nelle Marche, ma continua a intrattenere rapporti con la Capitale, fino al giugno 1944. È a contatto con elementi attivi nella resistenza, tra cui, oltre a Virgilio Failla, Concetto Marchesi.
All'inizio del 1945 si trasferisce a Roma, con frequenti viaggi a Camerino, dove vive un carissimo amico e collega del padre, il prof. Giuseppe Berti, e dove cerca di impiantare una fabbrica di colla. Tuttavia non rinuncia a una vita di girovago, che lo conduce in tante città, dove va a trovare amici o parenti, con ritorni improvvisi a Catania e Modica.
Nell'aprile 1946 muore il padre. A Roma, è segretario di redazione di "Italia Partigiana. Rassegna della Ricostruzione" (poi "Repubblica Democratica"). Il 21 dicembre la sorella Anna sposa il professor Guido Bellia. È Raffaele a condurla all'altare.
Dal febbraio 1947 è a Milano, presso i cugini Arturo e Raffaele. Viene assunto, dietro segnalazione dell'on. Giuseppe Saragat, che aveva avuto occasione di conoscere a Roma, come redattore e giornalista dal quotidiano "L'Umanità", organo del psli (Partito Socialista dei Lavoratori Italiani), che cesserà le pubblicazioni il 25 gennaio 1950. Qui pubblica il romanzo Fossili, oltre a un racconto e a un articolo di polemica con Indro Montanelli su questioni relative alla Sicilia e ai rapporti tra società e mafia. In questo periodo intrattiene rapporti con Elio Vittorini, Leonida Repaci, Corrado Sofia, Salvo Tomaselli, Brunello Vandano, il pittore Sigfrido Pfau e con altri esponenti e intellettuali legati alla sinistra democratica.
Tra 1950 e il 1952 è segretario particolare dell'On. Edoardo Di Giovanni presso il Ministero dell'Industria e Commercio. La raggiunta ma, come si rivelerà, effimera sicurezza economica apporta al suo spirito instabile e irrequieto una maggiore serenità. A Roma collabora a "Epoca", "Il Paese" e "Paese Sera". A Napoli collabora a "Il Mattino". Si lega in amicizia con Giacomo Deuringer, direttore di alcune riviste isclane, "Ischia, l'Isola Verde", "Lettera da Ischia", "Il Golfo", "Il Mezzogiorno", alle quali collabora con articoli e poesie. Ischia diviene un altro dei suoi "luoghi della memoria". A Roma conosce e si lega di un profondo affetto ad una giovane, Franca Arca Satta.
Nel 1953 tenta di essere assunto presso l'Ufficio Stampa della Cassa del Mezzogiorno, facendo pressioni su Deuringer di intercedere presso il suocero, alto funzionario della Cassa.Allo stesso cerca di perorare la pratica di inclusione del Comune di Modica tra i comuni montani presso la Commissione Censuaria Centrale.Scrive dall'abitazione del sindaco Gaspare Basile, dove era stato invitato a pranzo: "[...] si tratta di una città assolutamente povera, priva di industrie, con molto bracciantato agricolo, naturalmente a spasso.Su tali soggetti gioca molto il nostro commilitone Virgilio Failla e anziché dargli campo di far chiasso a Modica dovremmo lasciarlo isolato nel gioco delle palline della Camera [...].
La morte della fidanzata Franca, nel 1954, lo trascina in uno stato di profonda e dolorosa prostrazione. Pubblica a Roma la raccolta di racconti Carrube e cavalieri, di cui alcuni brani erano comparsi, su "La Voce di Modica" nel 1952-53. Il 22 novembre scrive all'amico Deuringer: "Carissimo Giacomo, con tutta la mia pena che sai ho finito il libro, nato con tanta gioia e stampato con tanta tristezza [...]".
Nel 1955 inizia su "La Sicilia" la pubblicazione delle Lettere d'amore di Giovanni Verga alla contessa Dina di Sordevolo, scoperte dall'allora direttore della Biblioteca Universitaria di Catania Angelo Ciavarella, successivamente trasferito alla Biblioteca Palatina di Parma.La pubblicazione viene interrotta in seguito alla querela presentata dal nipote di Verga, il cavaliere Giovannino, in quanto lesiva della reputazione dello zio.
Scrive alcune brevi monografie su Ischia, da pubblicarsi sulle riviste dell'amico Deuringer: Il Monte Epomeo, La Chiesa del Soccorso a Forio, Notizia sulla danza della "'Ndrezzata" a Barano d'Ischia, e conducendo ricerche e raccogliendo notizie e appunti su altre monografie di argomento isclano.
Nel 1956 vive tra Catania e Modica. Qui fonda e dirige il giornale politico "La Nuova Provincia", nell'ambito della lotta politica in provincia di Ragusa, e a Modica in particolare, che vede contrapposti i due maggiori partiti politici della Democrazia Cristiana e del Partito Comunista, diretto dall'amico Virgilio Failla, eletto deputato in quel partito. Dalle colonne de "La Nuova Provincia", partecipa attivamente alla campagna elettorale, con articoli e poesie di feroce e pur divertente satira nei confronti degli avversari politici, peraltro spesso amici carissimi o compagni di scuola come l'avvocato Gaspare Basile, sindaco di Modica, o come il Senatore Giuseppe La Rosa, coi quali non romperà mai i rapporti sul piano personale e di stima reciproca.
In dicembre Radio Strasburgo trasmette una conversazione sulla letteratura moderna, e su quella siciliana in particolare, soffermandosi a lungo su Carrube e cavalieri.
Il 1º aprile 1957 conosce la pianista Federica Dolcetti in occasione di un suo concerto al Teatro Garibaldi di Modica. I due si fidanzano dopo poco e vivono insieme.
Il 9 settembre 1958 nasce la prima figlia, Cristina. I tre prendono casa a Catania, nel corso dell'anno successivo.
Nel giugno 1959 muore la madre. "Da mesi, da tempo, mi sembrava ascoltare su passi felpati di orrore l'arrivo di questa morte. Mi sembrava che alitasse intorno, che origliasse dietro gli scuri o le porte, attendendo il momento buono per avanzare la mano ossuta. Mi pareva vederla nel sole allucinante dei mezzogiorni estivi allargarsi come una nube di scirocco sul mio cuore, sul mio affetto, sulla carne di lei, di mia madre. Davanti a me scendeva implacabile la rovina del mondo. Del mondo tutto, non della terra sola, ma su, su e oltre, fino alle galassie, più in là ancora delle zone conosciute dai remoti telescopi. Scendeva attraverso un respiro che non era rantolo, ché rantolo non ce ne fu mai e si posava dentro di me, implacabile ed etemo".
Dopo il matrimonio (25 maggio 1960), il 7 luglio nasce il secondo figlio, Aristide. La famiglia si trasferisce a Modica in una casa in affitto in via Fontana. Qui sono angariati dal padrone di casa. Raffaele Poidomani vive di lezioni private, scrivendo tesi di laurea e collaborando con la stampa locale, mantenendo tuttavia rapporti con Roma e Napoli. Scrive articoli su "La Sicilia" e "L'Ora" di Palermo. Collabora con l'editore Massa di "Catania Sera" e di "Espresso Sera", presso il quale pubblica Catania giorno e notte che ritrae aspetti e personaggi della vita della città.
Nel 1962 accompagna la moglie Federica in una tournée in Grecia, ma il fallimento dell'impresario li espone a una difficile situazione finanziaria, che li costringe a chiedere aiuto a una zia romana della moglie, onde affrontare le spese per il rientro. Dopo un concerto al Teatro Massimo di Catania, la moglie abbandona l'attività concertistica per dedicarsi alla famiglia.
Tra il 1962 e il 1963 è fondatore e direttore del foglio locale "Sicilia Punta Est", poi "Sicilia Est", pubblicato a Modica sino al 1966. Qui, oltre a seguire la cronaca e la politica locale, pubblica parecchi racconti.Dopo la nascita del terzogenito Federico (3 agosto 1963), si trasferisce con la famiglia in una nuova casa in via Castello.Poco dopo ottiene il posto di Direttore della Biblioteca Comunale di Modica.Sembra l'auspicata e a lungo perseguita sistemazione, ora che incombono le responsabilità e il peso della famiglia, che può consentirgli di dedicarsi serenamente ai propri studi. E infatti può dedicarsi a una serie di ricerche di storia locale, fondate sulla lettura di materiale d'archivio.Scrive La fondazione della città di Vittoria e il suo svuluppo nel secolo XVII, Gabelle e Franchezze nella Contea di Modica dal 1600 al 1700. Tiene alcune conferenze a Modica, Ragusa, Chiaramonte e Avola: Dal papiro al libro, Serafino Amabile Guastella, Commmorazione di don Sisto Poidomani.
In occasione delle elezionidel 1962, pubblica due pamphlets: Novembrina letteratura e Filopoetica.
Cerca di pubblicare presso Bompiani la raccolta di racconti Tempo di scirocco, favorevolmente accolto dalla signora Susanna Ottieri.
Il 2 giugno 1966 nasce il figlio Lorenzo. Pubblica La peste a Modica nel 1626.
Il 19 luglio 1967 viene pubblicata la sentenza della Cassazione che respinge il ricorso di Giovannino Verga. Nei tre gradi del giudizio, è difeso dall'avvocato Vacirca di Caltagirone. Perde il posto di Direttore della Biblioteca Comunale; per quel posto viene indetto infatti un concorso che richiede requisiti dei quali non è in possesso. In dicembre è colpito da un infarto. La moglie, per sostenere la famiglia, intraprende l'insegnamento di musica nelle scuole, e successivamente lezioni private di pianoforte. Solo dopo la morte del marito riprenderà la carriera concertistica interrotta dopo il matrimonio.
Nei primi giorni di gennaio, 1968, è colpito da un ictus che provoca gravi lesioni cerebrali e alla vista.
Nel settembre 1971, esce a Modica, per tipi della Setim, Tempo di scirocco. Consegna in tipografia un'altra raccolta di racconti, Dove ci conduce il fiume, che non vedrà mai la luce, e il cui dattiloscritto non è stato ritrovato. Inizia un lungo periodo di decadimento fisico e intellettuale.
Muore a Modica, il 13 marzo 1979. Al suo funerale, oltre ai parenti e al medico curante, c'era solo il senatore Giuseppe La Rosa e il sindaco Gaspare Basile. Si conclude la dispersione dei libri, delle carte, dei documenti, in parte di valore storico, del notevole archivio, che era iniziata da tempo. "Egli era un carissimo amico, a me tanto affezionato, simpatico, estroso, sempre pronto alla battuta sarcastica, pungente, capace di tener banco e divertire gli amici con la sua oratoria vivace, le sue scanzonate improvvisazioni.Si faceva sempre capo a lui, lo si cercava ad ogni costo per passare una serata allegra, spiritosa, fervida di argute, frizzanti discussioni in qualche ristorante alla periferia di Catania o di Acitrezza, Acireale ecc. Era l'amico n. 1, che qualche volta si trovava in difficoltà, ma era pronto a rialzarsi per non far trasparire la sua malinconia, che in fondo ne aveva anche lui, ma che sapeva celare assai bene agli occhi degli altri. Per gli amici – fedele a un suo copione – egli doveva essere l'uomo allegro, spensierato, senza problemi, una fonte di ottimismo.Altra sua dote impareggiabile era la generosità, il gran cuore.Dava volentieri quel che aveva, anche se spesso non era in grado di fare abbastanza, come avrebbe desiderato".