«Questo saggio non intende considerare i diversi momenti della storia del Partito comunista in Italia in senso lineare e statico, in quanto mi pare che per comprendere ognuno dei periodi nei quali si è cristallizzata lazione politica dellorganizzazione sia necessario superare i limiti cronologici nei quali un insieme di processi si è sviluppato e determinato. Tale metodo di trattare largomento non è esente, probabilmente, da alcuni, irrimediabili, salti logici, e da una serie di interni squilibri: può essere che a certi episodi della vita del PCdI e del PCI sia stato dato troppo spazio a scapito di altri, egualmente meritevoli di attenzione e di riflessioni. Tra questi, potrei citare diverse situazioni, grandi e piccole, del passato e di tempi più vicini a noi; certamente non ne sfuggiranno altre al lettore. Ma, da una parte, molti problemi sono stati chiariti, recentemente, con maggiore conoscenza di causa che non sia la mia, da autorevoli ricercatori e studiosi, dallaltra si tratta, in questo saggio, di una ricerca volutamente parziale, tesa a far emergere, semmai, quanto di più interno, di più vicino alla classe lattività comunista in Italia presume, fin dalle sue origini.
Inoltre, mi rendo perfettamente conto di quanto sia insufficiente una critica che si eserciti quasi unicamente nei riguardi della linea politica dellorganizzazione. Infatti, quando anche venisse dimostrato che "la linea" è tutta fondata su erronee interpretazioni della realtà italiana e internazionale (e, di questo fatto, non sono pochi i militanti del PCI, dallalto in basso, che ne sono convinti, ma secondo loro è un problema di strategia non incrinare, in modo alcuno, lorganizzazione), rimarrebbe pur sempre il problema di capire perché e come mai il proletariato italiano ha considerato, pur tra strappi e pause, il PCI come il proprio partito rappresentativo di massa, lungo i decenni di unincessata battaglia. È che le organizzazioni politiche hanno uno spessore, una corposità e una dimensione più vasti di quanto esprima semplicemente "la linea", la quale è uno soltanto anche se, alla fine, determinante per il suo sviluppo a lunga scadenza degli elementi di vita dellorganizzazione. Nellanalisi della formazione di determinate tendenze negative nella condotta del Partito comunista in Italia, mi sono guardato dal ricorrere, sia pure involontariamente, alle facilità della retrodatazione: prima di tutto, tale modo di procedere è stato troppo usato dalla storiografia ufficiale del PCI, sia per valorizzare lopera di determinati dirigenti sia per screditare definitivamente quella di altri, perché si possa, semplicemente e in termini capovolti, utilizzarla, oggi, nei riguardi di uomini e di particolari situazioni di movimento, contro lo stesso PCI ; poi, è un metodo che ridurrebbe ad astratta razionalità unopera vasta, fitta, difficilmente interpretabile se si tiene conto che essa è tuttavia in relazione con la classe nuova nella storia, con il proletariato, i cui momenti organizzativi, di reazione, di coscienza e di volontà, non sono facilmente accostabili nelluso di criteri volgarmente ammessi. Sappiamo, per esperienza, che la lotta di classe è asprezza, dissonanza; inutile cercare di ottenere, dal bronzo della storia, logiche armonie che ci soddisfino razionalmente. Nel libro, viene spesso ripercorsa la traccia delle opposizioni interne ed esterne al PCI in quanto esse costituiscono un insieme di elementi che vanno intesi in un divenire; esse consentono infatti di capire il dopo, che ha avvio dal periodo 68-69, che stiamo vivendo. Così si parte, nel presente saggio, da punti, molto spesso, assai lontani, per arrivare sempre, e di continuo, al presente, a questa chiara e difficile situazione, sovrastata, per quanto concerne il PCI, da una politica negativa in quanto chiusa alle possibilità cui aspira la classe operaia da quando essa ha coscienza di sé. E qui entrerebbero in causa le difficili relazioni che sono state di gruppi dirigenti dei partiti operai, in Italia, con la teoria rivoluzionaria, con il marxismo. Dove, nel saggio, ed è tutta una prima parte di lavoro, si discute, dal passato al presente, delle caratteristiche teorizzazioni di Togliatti, si vuole anche vedere chiaramente di che si componga linsistente interpretazione della società italiana, condotta con un metodo che sta tra lo storicistico e il positivistico, sancita da un gruppo dirigente che ha segnato di un orientamento complesso, ma tuttaltro che marxista, il divenire dellazione comunista nel Paese. Secondo me, non si insisterà mai abbastanza sulla necessità di eliminare dalla coscienza collettiva comunista lipoteca posta su di essa dallindottrinamento dorigine e derivazione staliniana e togliattiana. Frequenti saranno dunque i richiami a Bordiga, a Gramsci; ma il problema non consiste in una partigianeria di cognomi, di tendenza. E, di questo, penso ci si possa rendere conto alla lettura delle pagine che seguono, che vogliono dare materiali per una storia tuttora inconclusa. Anche per questo, ogni paragrafo tende a essere il principio e il termine del saggio. Problema essenziale di questo lavoro è di contribuire, insomma, alla lotta in corso contro un potere disumano, nel rinnovato assalto che, dopo anni di attese tattiche, si muove alla ricerca di una visione di strategia. Al di là della polemica contro istituti retrivi, affermati o in divenire, se dalle pagine che seguono appare, in qualche modo, lindicazione di un utile orientamento di pensiero e di azione, esse possono pretendere al diritto di non essere state scritte invano.» dalla Premessa di Danilo Montaldi |
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Nota redazionale
Premessa Saggio sulla politica comunista in Italia, §§ 1-82 Cronologia essenziale del Partito comunista in Italia Appendice
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l'autore |
Danilo Montaldi (Cremona, 1 luglio 1929 27 aprile 1975) è stato uno scrittore, saggista e politico italiano. Partecipa sin da giovane alla vita politica locale.
Nel 1944 entra nel Fronte della Gioventù, organizzazione promossa dai comunisti, e partecipa alla guerra di liberazione svolgendo attività di propaganda clandestina. Alla fine della guerra si iscrive al PCI, ma già nel 1946, in disaccordo con la politica di unità nazionale, esce dal partito. Da questo momento Montaldi intraprende un percorso che lo porterà, nel corso degli anni successivi, a entrare in collegamento con numerosi gruppi della sinistra radicale internazionale tra gli altri, il Partito comunista internazionalista, il gruppo francese di Socialisme ou Barbarie, l'olandese Spartakus con i quali collaborerà intensamente, pur senza mai aderirvi. Nel 1957 fonda a Cremona, insieme ad alcuni amici, il Gruppo di Unità Proletaria, che si propone di svolgere attività di propaganda e agitazione socialista rivoluzionaria nella provincia. Frattanto Montaldi, che nel 1946 aveva abbandonato il liceo, era venuto sviluppando interessi intellettuali originali, all'incrocio tra storiografia, sociologia e politica. Aveva inoltre cominciato a collaborare con alcune delle principali riviste «Discussioni», «Nuovi Argomenti», «Ragionamenti», «Opinione», «Passato e Presente» che, tra gli anni Cinquanta e Sessanta, diedero voce alle istanze di libertà e di rinnovamento della cultura italiana di sinistra in polemica con quelle che venivano considerate le degenerazioni della cultura di partito. Tali collaborazioni porteranno Montaldi a intrecciare rapporti con gli intellettuali più impegnati nel dibattito politico e culturale che animava allora la sinistra. A partire dagli anni Sessanta Montaldi comincia a lavorare sia come consulente sia come traduttore per alcune case editrici: Einaudi, Rizzoli, Mondadori, Il Saggiatore, ma soprattutto Feltrinelli, presso cui lavorerà anche come redattore nel 1962-63. In questo periodo egli ha modo di approfondire la conoscenza di Giangiacomo Feltrinelli, con cui collaborerà strettamente negli anni successivi a progetti di carattere politico. Sarà proprio la casa editrice Feltrinelli a pubblicare nel 1960 il primo libro di Montaldi, Milano, Corea. Inchiesta sugli immigrati, scritto in collaborazione con Franco Alasia. Il volume raccoglieva e commentava una serie di testimonianze di immigrati a Milano, portando l'attenzione sul fenomeno dell'immigrazione, all'epoca ancora poco studiato. Anche i due successivi libri di Montaldi saranno imperniati sulla raccolta di storie di vita, campo in cui il lavoro di Montaldi può essere considerato pionieristico. Autobiografie della leggera (Torino, Einaudi, 1961) e Militanti politici di base (Torino, Einaudi, 1970) rappresentavano i primi due capitoli, dedicati rispettivamente a vagabondi e ladri e ai militanti politici, di un'ampia inchiesta sulla cultura degli strati subalterni nella Bassa padana. Al terzo capitolo, che avrebbe dovuto riguardare la vita dei contadini, Montaldi stava lavorando quando morì prematuramente il 27 aprile 1975. Postumi saranno pubblicati: Korsch e i comunisti italiani. Contro un facile spirito di assimilazione, Roma, Samonà e Savelli, 1975 e Saggio sulla politica comunista in Italia (1919-1970) (Piacenza, Edizioni Quaderni piacentini, 1976). Nel 1994 è stato pubblicato il volume Bisogna sognare. Scritti 1952-1975, che raccoglie gli articoli pubblicati su riviste e giornali e alcuni inediti. Vanno ricordati, infine, gli interessi di Montaldi per l'arte, alimentati dalla assidua frequentazione, negli anni milanesi, degli artisti della nuova generazione di Brera. Nel 1965, con alcuni amici, apre a Cremona la galleria d'arte Renzo Botti, ove, per oltre un decennio, verranno presentate al pubblico cremonese alcune tra le più significative proposte dell'arte sia italiana sia straniera. |